Le Ostriche Belon sono una delle varietà più pregiate


L’ottimista è un uomo che, senza una lira in tasca, ordina delle ostriche nella speranza di poterle pagare con la perla trovata.
(Ugo Tognazzi)

Le ostriche (non solo le ostriche Belon) sono delle creature affascinanti ed enigmatiche e se le osserviamo con occhi diversi possono raccontarci tantissime storie. Quando ci vengono servite a tavola, magari in un bellissimo vassoio, dovremmo fermarci un attimo ad ascoltare il sospiro amoroso dell’oceano, così come le aveva definite il poeta irlandese Séamus Heaney. Dodici occhi mi guardavano dal piatto, asperse di limone e di tabasco scriveva in una sua poesia Anne Sexton. Dietro il loro aspetto rugoso e poco invitante si celano esseri che hanno solo un modo per proteggersi dal mondo e da ogni corpo estraneo: partorendo perle, direbbe ancora oggi lo scrittore latino Plino il Vecchio. Sì, perché questi piccoli molluschi che passano tutta la loro vita abbarbicati agli scogli più prossimi alle coste, a bassa profondità, evitano ogni possibile irritazione ricoprendo l’intruso, che sia pure un piccolo granello di sabbia, con la madreperla. Un piccolo atto di difesa che diventa creazione di grande bellezza.



Dove conviene comperare questi strani animaletti che Casanova definiva il nettare degli dèi?

Ce ne sono più di 30 tipi sul mercato, di varie età e grandezza. L’importante è verificare, nel momento dell’acquisto, che le ostriche siano ancora vive, che le valve siano chiuse e che il mollusco sia immerso nel suo liquido quando vengono aperte. Il momento migliore per degustarle è dopo il quinto giorno dalla raccolta. Quello che possiamo fare specie quando le ordiniamo in un ristorante e le vogliamo freschissime non è interrogare il cameriere sui giorni di pesca del mollusco, ma assicurarci che il guscio sia ben chiuso (altrimenti l’ostrica potrebbe essere morta e piena di batteri), non danneggiato e di un colore bianco lucido e che la carne dell’ostrica non sia secca e asciutta e con un colore tendente al grigio, marrone o, peggio ancora, al nero. Se invece le compriamo personalmente è fondamentale sapere se provengono da allevamenti certificati che garantiscano la conservazione ideale (in orizzontale, così da non perdere la loro acqua) e la tracciabilità del prodotto.

L’impresa non è ancora finita! Una volta a casa con le nostre ostriche sarà arduo aprirle o forse impossibile se non possediamo un coltello da ostriche. Sarà necessario anche indossare dei guanti di gomma, altrimenti basterà avvolgere la nostra ostrica in un panno spesso, poi inserire la lama corta e appuntita del coltello tra le due valve e farlo ruotare con molta delicatezza fino a farle staccare. Et voilà! Facile a dirsi.

Siamo giunti oggi alla conclusione che sia corretto gustare le ostriche Belon solo in determinati mesi dell’anno.

Non si fermano qui le stranezze di queste particolari conchiglie su cui sono fiorite tante leggende e credenze nel corso dei millenni. Attraverso la tradizione dei bretoni, grandi coltivatori di ostriche, siamo giunti oggi alla conclusione che sia corretto gustarle solo in determinati mesi dell’anno, quelli privi della lettera “R” nel nome inglese. Sembra che nei mesi esclusi, quelli più caldi dell’anno, sia poco salutare consumarle perché le ostriche potrebbero risentire delle alte temperature. C’è anche un’altra teoria, forse più attendibile, secondo cui i mesi senza la lettera “R” nel nome corrispondono al periodo in cui le ostriche depongono le uova. Di certo non si muore, ma pare che il sapore non sia proprio quello che conosciamo. Quello che potremmo forse non sapere è quali sono le più buone. Sembra che le migliori siano quelle provenienti dagli allevamenti marini francesi o dagli allevamenti fatti sulle coste europee dell’Atlantico, in particolare nella regione di Merennes-Oléron e nella Bretagna meridionale. Ed è qui che troviamo le cosiddette ostriche Belon, una delle varietà più pregiate fra le Ostrea edulis, dette anche plate o gravette, riconoscibili dalla loro forma tondeggiante e considerate le più prelibate.

Vino o champagne?
Una volta a tavola, che sia quella della propria casa o quella di un ristorante, resta solo un grande dubbio amletico da risolvere prima di gustarci i nostri piccoli molluschi: vino o champagne? Sembra che il matrimonio tra ostriche e champagne non sia mai stato così felice. La presenza dello zinco delle prime non si sposa perfettamente con la forte acidità del secondo. Le ostriche hanno carattere ed è facile che anche un buon vino scompaia dietro il loro sapore intenso. Il loro compagno ideale sembra essere il Muscadet, un vino bianco della Loira francese, secco, leggero e fruttato. A seguire il tedesco Riesling e i francesi Sauternes e Chablis. In ogni caso lasciamo che l’ostrica brilli di luce propria, anche senza la sua perla.


Giusy Nicosia

 a cura di
Giusy Nicosia
giornalista pubblicista freelance che scrive principalmente di cultura, lifestyle, attualità ed enogastronomia. È anche un’addetta stampa, conduttrice tv, fotoreporter, storyteller, web editor e social media manager. Le sue specialità sono le interviste. Ama scrivere poesie, la buona cucina, girare il mondo e leggere storie e filastrocche ai bambini.


Curiosità:

– L’ostrica è apparsa sul nostro pianeta circa cento milioni di anni fa. In Gran Bretagna è stata trovata una gigantesca, la più grande del mondo, ostrica fossile di 145 milioni di anni fa, risalente al Triassico. Pare che questo esemplare abbia vissuto per oltre 200 anni. La notevole rilevanza scientifica della scoperta potrebbe essere accresciuta dalla possibilità che ci sia dentro l’enorme mollusco una perla di grandissime dimensioni. La risonanza magnetica a cui è stata sottoposta l’ostrica rivela l’effettiva presenza di un enorme corpo tondeggiante, ma gli scienziati hanno preferito lasciare intatto il fossile e la perla avvolta nel mistero.
– Le ostriche producono una sostanza molto simile al cemento per potersi attaccare alla roccia o al corallo.
– In Irlanda, precisamente nella cittadina di Galway, ogni anno dal 1954 ad oggi viene celebrato il “Galway International Oyster & Seafood Festival”, durante l’ultimo weekend di Settembre, un festival dove si consumano ostriche e birra a ritmo delle danze irlandesi.
Háoyóu, o latte di mare, è la famosa oyster sauce usata nella cucina cinese. È nata per l’errore di uno chef cantonese che si era dimenticato una padella piena d’ostriche sul fuoco. Dopo aver scoperto che queste erano diventate una salsa gustosissima, il signor Lee Kum Kee ha deciso di commercializzare la salsa. Era il 1888.
– Nel 1872 a New York si spendeva più in ostriche che in tutti gli altri alimenti messi insieme. Non solo quindi la mitica città diventò quella che oggi si chiama Grande Mela, ma è stata anche una “Grande Ostrica”.
– L’ostrica è stata consumata sin dalla preistoria e venne particolarmente apprezzata dagli antichi Greci e dai Romani. Furono questi ultimi che, per venire incontro alle richieste crescenti, decisero di allevare le ostriche in cattività.
– Le ostriche sono un concentrato di micronutrienti a partire dagli acidi Omega 3 e rappresentano una delle poche fonti naturali della vitamina B12, necessaria per il metabolismo delle proteine e dei grassi. Hanno poche calorie e sono ricche di sali minerali come ferro, fosforo, sodio e iodio e proteine, ma non è ideale mangiarne troppe, poiché contengono molto colesterolo per quanto ultimamente sia stato rivisto il quantitativo di colesterolo grazie a tecniche di calcolo più sofisticate, ridimensionando così il problema. Inoltre non sono adatte a donne in gravidanza o in fase di allettamento e ai bambini molto piccoli, perché sono alimenti potenzialmente allergizzanti.
– L’allevamento di ostriche è uno dei più sostenibili al mondo: ha un impatto così basso sull’ambiente che è perfino permesso nelle riserve marine. Le barriere costituite dalle ostriche, dette filoni galleggianti, contribuiscono a ripristinare l’ecosistema e a filtrare l’inquinamento. Inoltre quasi il 100% delle ostriche che consumiamo provengono dagli allevamenti, che garantiscono spesso la sostenibilità ambientale se pensiamo ai più moderni sistemi di acquacultura.
– Nel Medioevo erano proibite perché considerate troppo lussuriose.
– Una sorta di galateo vuole che ne vengano servite da 6 a 9 per commensale.
– Si è sempre pensato che dietro all’associazione dell’ostrica/cibo afrodisiaco si nascondesse una verità scientifica e cioè che il mollusco dell’amore contenesse un’alta percentuale di zinco, stimolatore degli ormoni e del testosterone. Ultimamente è stato dimostrato che ciò non sia sufficiente ad accendere la libido. Gli studi che nel corso degli anni hanno documentato la presenza nei molluschi di rari amminoacidi che aumenterebbero il livello degli ormoni, stimolando l’attività sessuale, non hanno trovato seguito nell’ambiente scientifico.
Cicerone mangiava enormi quantitativi di ostriche convinto che il fosforo e lo zinco di cui sono ricche favorisse l’eloquenza. Quante ne mangiano i politici di oggi???
– Nell’età classica greca e romana a partire da Omero, le perle delle ostriche erano considerate fenomeni d’ispirazione divina. I seguaci di Aristotele facevano riferimento ai fulmini che colpiscono le acque nelle notti tempestose.
– I Romani sapevano come conservare le ostriche e il gastronomo Apicio che fu l’inventore del metodo fece pervenire delle ostriche freschissime a Traiano.
– Secondo Plinio, l’ostrica aveva un posto distinto alla mensa dei gastronomi romani.
– L’aspetto passionale e misterioso della vita dell’ostrica ispirò a Verga il concetto di “Ideale dell’Ostrica”, descritto nei “Malavoglia”. Con questo romanzo, infatti, lo scrittore dimostrò che come l’ostrica vive sicura finché resta avvinghiata allo scoglio dov’è nata, così l’uomo vive sicuro
finché non comincia ad avere desideri di miglioramento.
– Dicono che l’imperatore romano Claudio II una volta mangiò 1.000 ostriche, l’una dopo l’altra. E si narra che Casanova fosse solito mangiare fino a 50 ostriche ogni mattina e altrettante prima e durante gli incontri amorosi.
– Troviamo le ostriche in opere d’arte che esprimono un senso di natura morta, come nei quadri di Manet, oppure in opere dove vengono associate a beltà femminili fiamminghe come nei dipinti di Jan Steen.

Non mangio mai ostriche. Il cibo mi piace morto. Non malato, né ferito, morto. (Woody Allen)


Se ti piace quel che leggi

Iscriviti alla newsletter gratuita!

Non ingrassa ma mette di buonumore e sazia. 


Commenti

You Might Also Like

No Comments

Leave a Reply